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“La Proposta di Statuto Europeo delle Fondazioni”
L’ipotesi di definire a livello europeo uno statuto di riferimento delle fondazioni fu proposto, inizialmente, nell’ambito del Piano di azione della Commissione UE elaborato in occasione dell’avvio della legislatura nel 2003, cui seguì, nel novembre 2007, l’incarico al Max Planck Insitute for comparative and international private law di Amburgo e al Centre of Social Investment and Investigation dell’Univeristà di Heidelberg uno studio di fattibilità(1).
Sui contenuti del rapporto finale elaborato dai due Centri di ricerca la Commissione (Direzione generale Mercato interno) avviò una pubblica consultazione, cui anche l’Acri e le Fondazioni associate parteciparono, previa attivazione di un gruppo di lavoro, come deliberato dal Consiglio del 25.2.2009.
Il 27 ottobre 2010, con il rinnovo della legislatura, la Commissione elaborò le 50 proposte di interventi inserite nell’Atto per il Mercato Unico, (COM 2010/608), che dovrebbero facilitare il raggiungimento di un mercato unico nell’Unione, fra le quali inserì la definizione degli Statuti Europei delle mutue, delle associazioni e delle fondazioni (proposta n. 37).
In occasione del successivo pubblico dibattito, avviato sul sito Internet della Commissione UE, l’Acri aderì all’iniziativa promossa da DAFNE, l’organismo che raggruppa le associazioni delle fondazioni europee, d’intesa con EFC, sensibilizzando i membri italiani del Parlamento Europeo affinché sottoscrivessero la “Written declaration 84/2010”, volta a sollecitare la Commissione ad operare per la definizione di uno statuto europeo delle fondazioni(2) .
Il 10 marzo scorso il Parlamento europeo, rilevando la “necessità di creare condizioni di parità che permettano alle associazioni, alle mutue e alle fondazioni di disporre degli stessi strumenti e delle stesse opportunità di cui fruiscono le altre strutture giuridiche organizzative”, invitò la Commissione Europea a presentare proposte, studi di fattibilità, valutazioni di impatto relativamente alla tematica in parola.
Il Vice Segretario Generale del Parlamento Europeo, su indicazione dello stesso Parlamento, con lettera del 28 marzo scorso, informò il Parlamento italiano in merito agli sviluppi della tematica di cui trattasi, trasmettendo la “Dichiarazione del Parlamento europeo del 10 marzo 2011 sull’introduzione di statuti europei per le mutue, la associazioni e le fondazioni”.
A conclusione di questa lunga fase preparatoria, successivamente alle due consultazioni pubbliche, la Commissione ha presentato l’8 febbraio scorso una proposta di “statuto della fondazione europea”, che si basa anche sulle ricerche svolte dalla Commissione tramite uno studio di fattibilità elaborato dal Max Plank Institute di Amburgo e dall’Università di Heidelberg.
Lo scorso 14 febbraio, la Commissione, in coerenza al “Trattato sull’Unione Europea”, ha inviato a ciascun Parlamento nazionale la proposta di regolamento sullo statuto della fondazione europea per l’acquisizione di un parere motivato, da rilasciare entro un termine di otto settimane dall’invio, ove si ritenga la proposta non conforme al principio di sussidiarietà (c.d. early warning).
Per l’adozione, è necessario che la proposta di regolamento sia deliberata all’unanimità dal Consiglio dell’Unione, previa approvazione del Parlamento (ex art. 352 del TFUE).
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(1) I due Centri di ricerca ritennero possibile elaborare una nozione di fondazione europea sulla base dei seguenti cinque principali caratteristiche presenti in tutti e 27 i paesi esaminati: personalità giuridica; perseguimento di finalità di interesse pubblico; assenza formale di soci; vigilanza statale; registrazione dell’atto costitutivo.
(2) Il 10 marzo, il Parlamento europeo, rilevando la “necessità di creare condizioni di parità che permettano alle associazioni, alle mutue e alle fondazioni di disporre degli stessi strumenti e delle stesse opportunità di cui fruiscono le altre strutture giuridiche organizzative”, ha invitato la Commissione Europea a presentare proposte, studi di fattibilità, valutazioni di impatto relativamente alla tematica in parola.
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La proposta, in ossequio ai principi di sussidiarietà e proporzionalità sanciti dal “Trattato sull’Unione Europea”, è finalizzata a istituire un’unica forma giuridica che possa operare su tutto il territorio dell’Unione, sostanzialmente identica in tutti gli Stati membri: la “fondazione europea” (FE).
La FE coesisterebbe con le fondazioni nazionali e l’acquisizione di tale status sarebbe totalmente volontaria. Gli Stati membri dovranno consentire alle fondazioni che soddisfino i criteri armonizzati di operare sul loro territorio, senza imporre alcun ulteriore requisito.
Il regolamento circoscrive la platea delle fondazioni che possono aspirare ad ottenere la qualifica di FE, in quanto vengono prese in considerazione principalmente le fondazioni con finalità di pubblica utilità. I settori oggetto dell’attività della FE sono dettagliati all’art. 5 del documento e ricalcano in gran parte i settori ammessi delle nostre Fondazioni.
Per quel che concerne i requisiti che deve possedere la FE, il documento (artt. 6 e 7), oltre a prevedere la dimostrazione degli scopi di pubblica utilità, impone la dimensione transfrontaliera, ossia lo svolgimento dell’attività in almeno due stati membri, nonché il possesso di un patrimonio minimo di costituzione pari a 25.000 euro.
La FE può essere costituita ex novo o tramite la conversione di una fondazione nazionale oppure tramite la fusione di fondazioni nazionali. La FE acquisisce la personalità e la capacità giuridica (artt. 9 e 10) in tutti gli Stati membri al momento della sua registrazione in uno Stato membro.
Per quel che concerne il trattamento fiscale (artt. 49 e 50), la FE:
- beneficerà del medesimo regime fiscale applicato alle fondazioni nazionali;
- i donatori che sosterranno le fondazioni europee avranno diritto alle stesse agevolazioni fiscali riconosciute in caso di donazioni a una fondazione istituita nel loro Stato membro.
In entrambi i casi gli Stati membri dovrebbero considerare la Fondazione europea equivalente alle fondazioni di pubblica utilità istituite nell’ambito della loro legislazione nazionale.
La FE, salvo quanto previsto nel proprio statuto, potrà svolgere attività di carattere economico, a condizione che gli utili siano utilizzati per il perseguimento delle finalità istituzionali di pubblica utilità (art. 11).
Le attività economiche non correlate alle finalità istituzionali sono consentite fino al 10% del fatturato netto annuale e devono essere registrate con una contabilità separata.
La FE è governata (art. 27) da un consiglio direttivo (organo di gestione) composto da un numero dispari di membri, non inferiore a tre, tuttavia lo statuto può prevedere ulteriori organi (art. 31).
Ogni Stato membro individua un’autorità di controllo (art. 45), che deve vigilare sulle Fondazioni registrate nello Stato e deve tenere informata la Commissione sulla propria attività.
Gli Stati membri (art. 52) hanno al massimo due anni di tempo dall’entrata in vigore del Regolamento, concernente lo statuto europeo, per garantirne l’effettiva applicazione.