L’Acri, l’associazione delle Fondazioni bancarie e delle Casse di Risparmio e Banche del Monte italiane, in occasione della 77ª Giornata Mondiale del Risparmio ha commissionato ad Abacus un’indagine sull’attitudine degli italiani verso il risparmio. (per il download in formato Power Point cliccare QUI col tasto destro e scegliere “Salva oggetto con nome…”).
La ricerca è stata svolta su un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta nella seconda settimana di ottobre, quando si era già aperto un momento particolarmente difficile per l’intera comunità internazionale a causa delle minacce di pericoli terroristici e alla vigilia di un evento epocale come il passaggio all’Euro, che vedrà passare 12 paesi sovrani dall’uso della divisa nazionale a un’unica moneta.
OBIETTIVI DELLA RICERCA
In particolare, si desiderava indagare:
- la propensione nei confronti del risparmio
- la percezione dei diversi impieghi finanziari
- la reazione alle incertezze attuali sui mercati finanziari
- gli italiani a fronte del passaggio dalla Lira all’Euro: timori ed informazione la percezione del futuro, personale e dell’economia
METODOLOGIA
Interviste telefoniche con tecnologia CATI – Computer Assisted Telephone Interviews.
1.000 interviste svolte presso un campione rappresentativo della popolazione italiana di età pari e superiore ai 18 anni, stratificato in base ai seguenti criteri:
- per area geografica e per ampiezza del centro
- per sesso e per età
In corso di elaborazione dei risultati si è proceduto ad una ponderazione degli stessi al fine di riprodurre esattamente l’universo di riferimento.
SINTESI DEI PRINCIPALI RISULTATI 1. Atteggiamenti nei confronti del risparmio Quasi la metà del campione intervistato (48%) dichiara di essere riuscito a risparmiare una parte del proprio reddito netto annuale degli ultimi 12 mesi. In realtà, analizzando nel dettaglio le risposte di chi è riuscito a risparmiare qualcosa, scopriamo che:
- per la metà di costoro, la porzione accantonata non è superiore al 10% del reddito percepito
- il 38% ha l’impressione di essere riuscito a risparmiare meno rispetto all’anno precedente, a fronte di un 21% che dichiara di aver risparmiato di più.
Si è poi rilevato che c’è una percentuale non indifferente di italiani che hanno speso più di quanto risparmiato, andando quindi ad intaccare il proprio capitale pregresso (10%) o addirittura ricorrendo a prestiti (3%). Per quanto riguarda le attese di risparmio per il prossimo anno, la situazione non è “lineare”:
- a totale campione la percentuale di chi pensa di riuscire a risparmiare di più rispetto a quest’anno è superiore a quella dei pessimisti (27% contro 24%)
- se restringiamo l’analisi a chi è effettivamente riuscito a risparmiare nel 2001, scopriamo che gli ottimisti cedono il passo a chi si attende invece una riduzione dei propri risparmi.
Probabilmente questo è dovuto all’esperienza effettivamente vissuta negli ultimi 12 mesi dove, come indicato in precedenza, c’ò da parte dei risparmiatori la sensazione di aver accantonato meno dell’anno precedente.
La maggioranza degli italiani (60%) si identifica in un risparmiatore “tranquillo” e non è disponibile a troppe rinunce per poter accumulare un capitale. E’ interessante osservare come, proprio all’interno di questo gruppo, si concentri la maggior parte di chi effettivamente è riuscito a mettere da parte qualcosa negli ultimi 12 mesi.
Al contrario, chi vive il risparmio in modo più ansioso, spesso non è riuscito a risparmiare nell’ultimo anno. In questo gruppo troviamo, in particolare, le donne e le persone più anziane.
Le “cicale” rappresentano soltanto il 12% del campione. Ma perchè risparmiano gli italiani?
Su questo il campione si divide:
- per circa la metà il risparmio è fine a se stesso, puro incremento del proprio capitale (in particolare per le persone più anziane)
- per l’altra metà esiste un progetto più o meno definito per cui risparmiare.
In particolare, per questo secondo gruppo, il futuro dei propri figli e la casa di proprietà rappresentano gli obiettivi prioritari. Non indifferente è anche la preoccupazione per il proprio avvenire: la garanzia di una vecchiaia serena e la capacità di far fronte agli imprevisti della vita.
2. Gestione del risparmio
Circa la metà (47%) di chi percepisce un reddito ritiene di non reinvestire i propri risparmi ma preferisce tenerli sul conto corrente. Il quadro di riferimento internazionale attuale pare chiaramente spingere in questa direzione; ma è anche vero che la propensione all’investimento sembra essere direttamente correlata al livello di istruzione.
Nella scelta degli investimenti, i criteri guida sono dominati da una tendenziale avversione al rischio che si declina come preferenza per attività “sicure e protette” e “facilmente liquidabili”. Il guadagno a lungo termine è inoltre lievemente più apprezzato rispetto al “mordi e fuggi” che sembra essere più gradito da chi ha una bassa propensione al risparmio. Questa avversione al rischio si conferma attraverso l’analisi di altri 2 parametri:
- il 77% degli italiani, di fronte a una scelta secca, preferirebbe un reddito sicuro e basso ad uno alto ma incerto
- nel dare un giudizio di accordo su alcune affermazioni relative agli investimenti, si denota una certa diffidenza nei confronti delle azioni (“sono una scommessa”, “si adattano solo a chi ha molti soldi”)
In questo stesso ambito emergono i primi effetti delle recenti incertezze sui mercati finanziari. Una buona percentuale di risparmiatori si sente confusa (36%) e la metà ritiene di doversi affidare a professionisti per affrontare un periodo difficile come quello attuale. Chi invece pensa che nei periodi incerti sia meglio essere più coraggiosi nella scelta degli investimenti, sembra parlare con poca cognizione di causa: si tratta soprattutto di persone con bassa propensione al risparmio e meno istruite.
Pochi hanno piena fiducia in se stessi riguardo a come investire i propri risparmi. Solo l’1% si considera un vero esperto e solo il 10% dice di cavarsela. Si tratta in particolare di chi ha anche una propensione al rischio più alta della media, di chi ha più mezzi da investire e di chi non di rado decide in piena autonomia gli impieghi del proprio risparmio.
In generale la maggioranza dei percettori di reddito ha scarsa fiducia nei propri mezzi. In questo gruppo sono più rappresentate le donne e gli abitanti delle regioni centrali. Questa situazione genera un’alta propensione a confrontarsi o ad affidarsi a figure professionali nelle proprie decisioni di investimento. Solo il 10% decide in piena autonomia, mentre la maggior parte ritiene doveroso consigliarsi con altre persone: in particolare le figure con cui ci si consiglia si trovano sia nell’ambito familiare (83%) sia al di fuori di esso (84%), con una forte sovrapposizione. Inoltre, un 20% del nostro campione rinuncia completamente a decidere dei propri investimenti, affidando del tutto la gestione a terze persone (spesso al di fuori della famiglia). Questa situazione genera un notevole spazio per i consulenti delle banche: il 38% dei risparmiatori consulta queste figure, e il 9% si affida completamente ad essi.
Nel valutare il proprio risparmio la metà dei percettori di reddito considera solamente aspetti legati al puro rendimento. Non è tuttavia indifferente la percentuale di chi, almeno a livello dichiarato, denota attenzione anche al “come”: in particolare sono i giovani, sono persone ottimiste sul proprio futuro, ma anche preoccupate per l’evolvere della situazione economica internazionale. Essi desiderano non finanziare attività illecite, e sono interessati a poter contribuire ad alcune realtà transnazionali (25% cooperative nel terzo mondo, organizzazioni benefiche, finanza etica, agricoltura biologica) e alla ricaduta locale degli effetti del proprio risparmio (24%) più che a quella nazionale (18%): in altre parole si profila un atteggiamento “glocal”.
3. Reazione all’emergenza
Abbiamo già potuto appurare come l’incertezza di questi giorni abbia modificato gli atteggiamenti nei confronti dei mercati azionari e generato una certa apprensione sul cosa fare (“ultimamente mi sento un po’ confuso su come investire…”).
Sollecitato direttamente, una parte del campione (22%) ritiene di far fronte alle nuove preoccupazioni risparmiando di più, contro un modesto 7% che considera sia più opportuno risparmiare meno. La grande maggioranza (2/3 del campione) non varierà comunque il proprio comportamento in quanto a risparmio.
Analoga situazione per quanto riguarda l’investimento: il 20% ritiene sia il momento giusto per investire, in particolare le persone con più fiducia in se stesse come investitori e – ovviamente – gli ottimisti sul futuro dell’economia mondiale. Il 12% sembra essere colto da timori, e considera l’opzione più gettonabile quella di liberarsi dei propri investimenti; in particolare ciò è vero per le persone con minore livello di istruzione, e per quelli già poco propensi ad investire.
Al campione abbiamo chiesto di indicare che impiego conviene dare ai propri risparmi in questo frangente di estrema incertezza. Vince il “mattone”, con il 39% delle indicazioni, seguito dal gruppo degli strumenti finanziari più sicuri, in primis i Titoli del debito pubblico. Agli ultimi posti i fondi, assimilati per rischio e incertezza alle azioni.
Rispetto ad altre rilevazioni condotte da Abacus precedentemente alle ultime vicende internazionali, le differenze più significative consistono in un incremento di chi ritiene sia meglio mantenere i risparmi sul conto corrente e di chi consiglia di spendere i propri soldi.
4. L’Euro
Gli italiani sembrano attendere con sempre maggiore fiducia e tranquillità l’arrivo della moneta unica europea. In questo l’informazione gioca un ruolo fondamentale, come per altro confermato da altri studi recentemente condotti da Abacus e da altri Istituti italiani di primario livello. Gli “anelli deboli” – in questo contesto – sembrano essere soprattutto le donne (che risultano anche meno informate) e le persone meno istruite.
Ma che effetto avrà l’Euro sui risparmi? In generale i nostri intervistati sanno che i risparmi avranno lo stesso valore, poichè riconoscono il passaggio dalla Lira all’Euro come una “semplice” conversione nominale. Solo una modesta parte ritiene che i risparmi perderanno di valore: sono in generale persone preoccupate dalla poca stabilità dell’Euro, dai rischi inflazionistici, dalle ansie collegate al problema degli arrotondamenti e al rischio di truffe e confusione. C’è anche un 12% di ottimisti che ritengono possibile un incremento di valore dei risparmi, dovuto al fatto che considerano l’Euro una moneta forte e stabile, ed hanno una sorta di fiducia nel cambiamento, magari collegato all’ampliarsi del mercato.
Il nostro campione non ritiene che l’introduzione dell’Euro possa generare una variazione nel risparmio; oltre il 70% dichiara che non muterà le proprie abitudini.
C’è quindi un clima di generale ottimismo verso i benefici effetti dell’Euro sull’Italia, magari stemperato da qualche rischio inflazionistico (31% degli intervistati, ma solo il 21% presso i laureati), e dalla bassa fiducia che l’introduzione dell’Euro possa avere un effetto positivo sull’occupazione, pur inducendo una maggiore competitività delle imprese italiane.
Secondo il nostro campione saranno soprattutto le grandi aziende e le banche a beneficiare dell’introduzione dell’Euro. Le categorie ritenute meno favorite saranno, in modo quasi pregiudiziale, i lavoratori dipendenti, i pensionati e i consumatori in genere.
Chi attende l’Euro con fiducia crede in un guadagno di efficienza dei settori finanziari più di quanto faccia la media degli intervistati: in particolare sono più ottimisti sui vantaggi che la moneta unica porterà sia agli investitori, sia a chi necessita di un finanziamento.
5. Aspettative sul futuro
Allargando la prospettiva alle opinioni generali in materia economica, scopriamo che 2 italiani su 3 sono, tutto sommato, molto o abbastanza soddisfatti della propria attuale situazione economica. I più appagati sembrano essere gli uomini, gli abitanti delle regioni del Nord Est e chi nel corso degli ultimi 12 mesi è riuscito a risparmiare parte del proprio reddito
E per il futuro?
La percezione che gli intervistati hanno è nella maggior parte dei casi (53%) di una sostanziale stabilità della propria condizione. Gli ottimisti prevalgono comunque sui pessimisti.
I giudizi tendono invece a polarizzarsi maggiormente spostando l’ottica dal personale al nazionale e all’internazionale. Diminuisce progressivamente la percentuale di chi prevede stabilità, aumenta il numero di chi prevede un peggioramento ma soprattutto di chi vede il futuro con ottimismo. Infatti, oltre la metà del campione (53%), ipotizza che la propria situazione economica personale rimarrà più o meno uguale, contro un 37% che prevede dei miglioramenti e solo il 7% dei peggioramenti; per quanto riguarda la situazione dell’Italia, il 44% si attende un miglioramento, ed il 13% un peggioramento; analogamente, gli ottimisti riguardo alla situazione economica internazionale sono il 40%, contro un 14% di pessimisti. Inoltre osserviamo un progressivo aumento di chi non fornisce indicazioni man mano che si allontana dalla propria ottica personale: solo il 4% non riesce a formulare aspettative sul proprio futuro, contro il 18% che non ha idea dell’evoluzione economica internazionale.
Trasversalmente ai livelli, i più ottimisti sono gli abitanti del Sud Italia e gli uomini; i giovani viceversa hanno una chiara percezione di andare incontro a un miglioramento personale (“ottimismo”), mentre la loro percezione della situazione italiana e mondiale non differisce da quella delle persone più anziane.
Questo tendenziale ottimismo giovanile è stemperato da una maggiore apprensione riguardo al proprio futuro dopo la cessazione dell’attività lavorativa. Se in generale il 15% della popolazione è preoccupata per la pensione, tra i giovani questa percentuale sale al 21%.