Sviluppo di comunità – Michele Bianchi

Cos’è lo Sviluppo di Comunità?

Nel dibattito internazionale, con il termine Community Development (Sviluppo di Comunità), si indica una molteplicità di approcci che promuovo processi locali per attività, progetti e iniziative che favoriscano il benessere di una comunità. In generale, possiamo definire lo sviluppo di comunità come un processo che coinvolge attori locali in un impegno collaborativo per la promozione del benessere della comunità; tra gli elementi che sono utili per definire un processo di sviluppo di comunità si ha: il coinvolgimento delle persone di una comunità (sebbene non sia possibile coinvolgere tutti, ma almeno una parte che possa risultare significativa); un coinvolgimento emotivo e un impegno civico da parte di alcune delle persone coinvolte; una formalizzazione adeguata degli obiettivi che possa assicurare una condivisione da parte dei partecipanti; processi e procedure progettate per il raggiungimento degli obiettivi; promozione dell’attivismo; e considerazione delle caratteristiche socio-economiche, ecologiche e demografiche della comunità in oggetto (Edwards & Jones, 2019).

Lo sviluppo di comunità è quindi volto a un miglioramento di questi gruppi, con un accrescimento del loro benessere. È bene qui notare come lo sviluppo del benessere di una comunità non debba essere confuso con altri concetti che, anzi, potrebbero far deviare dal tracciato. È utile differenziare in primis lo “sviluppo” dalla “crescita”, soprattutto in chiave economica: la “crescita” indica l’aumento di specifici elementi, come i posti di lavoro o i redditi, mentre lo “sviluppo” coinvolge un cambiamento strutturale, soprattutto sul fronte del modo in cui le risorse vengono utilizzate e ridistribuite nel funzionamento delle istituzioni locali (Green & Haines, 2015).

Lo sviluppo deve contribuire al benessere che coinvolge non solo aspetti economici, ma anche di sostenibilità rispetto ai sistemi ambientali locali, di rafforzamento delle competenze locali e di sviluppo del capitale sociale (Phillips & Pittman, 2015; Bianchi & Vieta, 2019; McConnell et al., 2021). Lo sviluppo di comunità avviene in relazione ai territori, intesi come sistemi complessi di relazioni tra persone, istituzioni, imprese e altri enti, come il Terzo settore; i territori sono definiti da confini e si compongono di risorse materiali e immateriali che possono essere usate diversamente (Goldenberg & Haines, 1992). Lo sviluppo di comunità è quindi una dinamica di cambiamento dei luoghi, che assumono la forma dei processi (Henderson & Vercseg, 2010; Squillaci & Volterrani, 2021), i quali nascono dalla constatazione di problematiche o di possibilità di sviluppo insite in un territorio. Intorno a queste, si generano gruppi di promotori che divengono la leadership di questi processi di cambiamento (Craig et al., 2011; Meade & Shaw, 2016; Edwards & Jones, 2019), aggregando altre persone e risorse che, insieme, formano il capitale sociale (Putnam, 2000) necessario alla crescita del percorso intrapreso. Una volta stabiliti gli obiettivi e le finalità, il capitale sociale si concretizza in organizzazioni più strutturate capaci di operare continuativamente sul territorio con iniziative e progetti (Bianchi, 2023).

Fondazioni e sviluppo di comunità

All’interno del vasto campo dello sviluppo di comunità, nel corso dei decenni, le Fondazioni hanno assunto un ruolo sempre più crescente in quanto attori chiave per il supporto di processi locali di questo tipo. A oggi, il database del Community Philanthropy Director ne conta 2.241 sparse in tutto il mondo. Come osservano gli studiosi Mazany e Perry (2013), le Fondazioni con finalità relative allo sviluppo di comunità, oggi, rivestono un importante ruolo di “àncora” all’interno della società contemporanea, caratterizzata dalla fluidità delle dinamiche e dal continuo cambiamento dei network di riferimento. In Italia, le Fondazioni di origine bancaria, e le cosiddette “Fondazioni di comunità” che le stesse hanno promosso, caratterizzate da uno specifico territorio di riferimento, sono operative dai primi anni ’90 e, nel corso del tempo, sono divenute attori capaci di lavorare su binari complementari rispetto a quelli del decisore pubblico, stimolando la nascita di politiche per lo sviluppo locale e la loro implementazione (Arrigoni & Caselli, 2022). In generale, è possibile affermare che le Fondazioni sono importanti innovatori sociali capaci di agire in diversi ambiti d’interesse generale per la società (Agostini & Motta, 2023).

Le Fondazioni, infatti, con il tempo, hanno sempre più integrato la loro tradizionale modalità erogativa (approccio “grantmaking”) con una modalità più operativa nel supporto allo sviluppo delle risorse interne alle comunità, così da stimolare percorsi di welfare e sviluppo locale (approccio “asset building”) (Harrow et al., 2016). L’evoluzione di strategia ha dunque prodotto nuove forme contributive, portando ad avere un impatto considerevole sui sistemi locali, all’interno dei quali le Fondazioni sono divenute “imprese sociali proattive”, utilizzando logiche di “collective impact” (Cesana, 2017). Le attività delle Fondazioni divengono quindi di “filantropismo strategico” (Maino, 2021), ovvero di azione per il cambiamento dei sistemi locali.

In questo senso, l’azione delle Fondazioni diviene un importante processo di depoliticizzazione delle soluzioni ai problemi locali, ovvero, lo spostamento di problemi sociali dalle classiche arene deliberative istituzionali verso le sfere delle necessità ove questi avvengono. La depoliticizzazione tende a spostare la risposta alla domanda “Chi risolve questo problema?” ad arene o soggetti dotati di minor legittimità democratica ed istituzionale (Ficcadenti & Esposto, 2019). Questo produce degli effetti importanti in termini di ristrutturazione dei sistemi locali di governo, dando attuazione al principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale (Arena, 2020). La relazione tra Fondazioni ed enti locali è spesso configurata come una collaborazione per una coprogrammazione e coprogettazione degli interventi, sebbene non proprio codificata secondo la legislazione del Codice del Terzo settore ma comunque all’interno della medesima cornice di senso. Il principale merito delle Fondazioni, dunque, è quello di attuare dei processi d’infrastrutturazione sociale (Bandera, 2017). Le Fondazioni che s’impegnano in queste missioni di sviluppo dei propri territori e delle comunità sono infatti coinvolte nella costruzione di quelle condizioni strutturali che permettano alle associazioni del Terzo settore di poter migliorare la propria capacità d’incidere sulle questioni che vengono ritenute, in maniera condivisa dalle parti, di rilevanza per il territorio. L’infrastrutturazione sociale è quindi volta a favorire il capacity building (Sen, 1999) nei territori, ovvero, uno sviluppo della società votato al benessere degli individui attraverso un welfare capace di dare strumenti per la crescita personale. Questo però porta le Fondazioni a fare un ulteriore lavoro di capacity building anche sul Terzo settore stesso, spingendo a dotarsi anch’esso di nuovi strumenti e differenti lenti per l’analisi delle dinamiche socio-economiche.

Il ruolo delle Fondazioni nei processi di sviluppo di comunità è quindi quello di accompagnare le reti locali nella loro crescita. A differenza di altre esperienze di Terzo settore, che si attivano direttamente con la cittadinanza ed altri enti per essere promotori di processi dal basso, come i comitati per i beni comuni, i gruppi delle social street, le associazioni Retake, i circoli di quartiere o le cooperative di comunità (Bianchi, 2023), le Fondazioni agiscono a livello sovra-territoriale, con dimensioni variabili, che vanno dal provinciale, al regionale, ad intere porzioni di Paese come il Sud Italia, per sostenere le dinamiche locali. Alimentando le volontà di sviluppo endogene alle comunità, con un particolare focus sui temi del welfare, è possibile affermare che le Fondazioni sostengano la nascita e creazione di sistemi di welfare generativo (Giunta & Marino, 2014; Musolino & Tarsia, 2019; Delle Cave & Corbisiero, 2021), ovvero, sistemi che producono ed alimentano forme di tutela e prevenzione sulla base di letture condivise dei bisogni. È esattamente in queste dinamiche che si generano i processi di comunità e la formazione di un senso di appartenenza comune votato ad un mission condivisa che porta tutti gli attori coinvolti a divenire parte di un progetto comune.

*estratto dalla monografia “I percorsi dello sviluppo di comunità” di Michele Bianchi, pubblicato nel XXIV Rapporto annuale delle Fondazioni di origine Bancaria

Michele Bianchi

Michele Bianchi – ricercatore indipendente e consulente in sociologia del Terzo settore