
L’abitare è un’usanza in continua evoluzione. L’essere umano è tendenzialmente bisognoso di un luogo dove rendersi stanziale, un rifugio, un posto da poter chiamare “casa”. Ma la casa non è solo il luogo, sono anche le persone che quel luogo lo abitano, lo vivono, lo riempiono. Nell’ultimo decennio il concetto di vivere singolarmente e vivere in comunità sta cambiando. Cosa significa oggi abitare e cosa vorrà dire in futuro? Lo sviluppo di nuovi modi di abitare, come la condivisione degli spazi abitativi, il social housing, il co-housing, sono solo sperimentazioni odierne o diverranno sempre più modalità abitative messe a sistema?
Lo abbiamo chiesto ai partecipanti al terzo appuntamento di “Comunità in pratica”, una delle azioni che Acri ha avviato in vista del XXVI Congresso nazionale, che si terrà a Gorizia il 12 e il 13 giugno 2025. L’iniziativa mira a raccogliere alcune esperienze comunitarie in diversi settori, attraverso tavoli tematici nel corso dei quali verrà approfondito il senso del termine “comunità”, che rischia di essere svuotato dai molteplici utilizzi odierni. Proprio con questo obiettivo, l’iniziativa si articola in cinque incontri a porte chiuse, su alcune declinazioni della comunità: Educare, Cultura, Abitare, Innovazione, Cura. Questo incontro si è incentrato sul rapporto tra la comunità e l’abitare. Cinque diverse esperienze che mettono al centro il vivere in comunità.
Luca Santilli, sindaco di Gagliano Aterno, un piccolo comune dell’Appennino centrale in provincia de L’Aquila, racconta cosa significa oggi abitare in un paese di 250 abitanti. Si tratta di un paese colpito fortemente dal terremoto del 2009 che, da due anni e mezzo, sta mettendo in piedi processi di riattivazione comunitaria. “Tra questi processi spicca ‘Nuove esperienze ospitali’, un progetto di neo-popolamento immersivo che ha messo a disposizione per sei ragazzi nel 2022 e otto ragazzi nel 2023, un’abitazione a Gagliano Aterno”. Oltre a vivere nella piccola realtà del paese abruzzese condividendo con gli abitanti i ritmi – diversi da quelli della città – ed esperienze di condivisione e crescita, i partecipanti al progetto hanno potuto seguire una scuola di formazione sull’attivazione di comunità.
“Io credo ci sia una connessione tra aree urbane e aree interne, soprattutto su ciò che riguarda le esperienze abitative: per i comuni piccoli c’è il rischio che i diventino villaggi turistici, perché abbandonati e vissuti solo per poco tempo, mentre nelle aree urbane l’overtourism si sta mangiano l’abitabilità e la disponibilità di locazione. La diversità dell’abitare contesti così differenti, in realtà trova analogie nei pericoli e nei rischi di proseguire determinate politiche abitative senza fermarsi a riflettere. Su questo dobbiamo lavorare tutti insieme perché si tratta di salvaguardare il nostro territorio”.
L’abitare non è solo la costruzione di edifici per dare alloggio alle persone, si tratta di costruire progetti con finalità sociale, coinvolgendo e restituendo spazi a tutto il territorio”. Lo racconta Davide Marotta, direttore di Cascina Fossata, progetto di housing sociale a Torino. Cascina Fossata si trova tra i quartieri periferici di Borgo Vittoria e Madonna di Campagna, e, fino al 2019, era un grande rudere urbano fatiscente, che destabilizzava gli abitanti del quartiere sia per questioni di decoro che di sicurezza. Da ormai 5 anni Cascina Fossata è un luogo pieno di vita e i residenti si sono integrati perfettamente con la comunità pre-esistente che, a sua volta, li considera parte di un tutto. La struttura possiede 103 appartamenti, che ospitano circa 300 persone. Gli appartamenti vengono affittati a tariffe calmierate, per un periodo massimo di 18 mesi, a persone che hanno difficoltà a trovare alloggi. “La condivisione dell’abitare è sempre più fondamentale e credo rappresenti il futuro. Cascina Fossata nasce sul territorio e ha un forte legame con questo e con la comunità che ne fa parte. È fondamentale che tutti i progetti di abitare nascano dal dialogo con le persone, dal coinvolgimento con il quartiere”.
Filippo Tantillo è ricercatore territorialista, esperto di politiche del lavoro e dello sviluppo e membro di Riabitale L’Italia. “Il nostro Paese si divide in una parte abitativamente congestionata e una parte che si sta spopolando. Come riequilibrare questa situazione?”. Innanzitutto, un problema effettivo e a cui non si è trovata soluzione è la disponibilità di locazione sia nelle città che nei piccoli centri. “In Italia è difficile accedere a un mercato dell’affitto. Questo incide soprattutto sul flusso del ri-popolamento dei piccoli centri perché, trasferirsi dalla città al paese senza poter prima sperimentare, è complicato. Inoltre, i servizi in alcuni zone non sono adeguati alla domanda e in altri c’è un eccesso di offerta senza che ce ne sia una concreta esigenza. Ritorno sul problema della mancanza di equilibrio: basta pensare che nelle montagne del Trentino le scuole non ci sono e nella valle tra Rovereto e Trento non c’è posto nei nidi per la pressione antropica”. Il nostro Paese è indubbiamente molto differenziato al suo interno, molto più degli altri paesi europei. “Per questo le soluzioni sono diverse e vengono adottate in maniera diversa”. Il patto per un futuro sostenibile sia per le città che per le aree interne, dovrebbe essere la capacità di garantire la diversità, le caratteristiche che ci appartengono. “I territori si trasformano ma il vuoto si deve riempire. Una soluzione unica non esiste, ma credo che, per le aree interne, si aprano comunque delle prospettive di rinascita, si sta definendo un nuovo interesse che potrebbe condurre a una nuova abitabilità”.
Lorenzo Terzani è presidente del Consorzio Fabrica e consigliere di amministrazione di Co&so. Queste due realtà insieme alla cooperativa Il Girasole e il contributo della Fondazione CR Firenze, hanno realizzato il progetto Villaggio Novoli-Senior Housing, 37 appartamenti per persone over 65. “La nostra è stata una scommessa. Abbiamo intercettato questo bisogno e ci siamo messi all’opera. La perplessità più grande era, visto il target a cui ci siamo rivolti, la difficoltà di convincere persone anziane a cambiare modalità abitativa. Sappiamo che più si diventa anziani e più il concetto di casa-rifugio si innesta. Eppure il grande successo dell’iniziativa ci ha convinto che abbiamo intrapreso una giusta via”. Il Villaggio è un condominio pensato per soddisfare i bisogni delle persone over 65. Gli inquilini possono condividere spazi comuni e usufruire di servizi culturali e socio-sanitari. I risultati della convivenza tra anziani sono stati ottimi, “basti pensare che da un sondaggio che abbiamo fatto tutti, tra gli ospiti, consiglierebbero questa soluzione abitativa a un amico o a un parente. Il Villaggio Novoli non è solo un progetto di riqualificazione urbana ma è anche un’opera di ricucitura del tessuto sociale”.
“Diversi progetti di abitare sul territorio sono fondamentali per affrontare il cambiamento. Siamo in un momento di trasformazione e dobbiamo scegliere come posizionarci rispetto a tanti fenomeni che minacciano la stabilità del tessuto sociale e urbano in cui viviamo”. Giordana Ferri, direttrice di Fondazione Housing Sociale pone l’accento sull’importanza di mettere al centro la comunità per incentivare lo sviluppo della città futura. “La città futura me la immagino coesa e spero che la solidarietà e la possibilità di fare riferimento a un gruppo, a una comunità, sia l’elemento cardine e il nucleo di questa idea di sviluppo”. Fondazione Housing Sociale ha avuto un ruolo di primo piano nello sviluppo del settore dell’housing sociale in Italia, avendo promosso la nascita del Fondo Investimenti per l’Abitare che realizza progetti di housing sociale su tutto il territorio nazionale. La Fondazione incentiva il welfare comunitario, favorisce l’accesso delle persone svantaggiate a un contesto abitativo e sociale dignitoso, nel quale, soprattutto, possano vivere relazioni umane ricche e significative. “Il nostro obiettivo è, sì proporre soluzioni abitative, ma anche realizzare servizi aperti alla comunità innescando una reciprocità che presuppone un benessere generato dallo stare insieme. Le comunità che abbiamo costituito sono molto presenti sul territorio e sono abituate ad avere interesse anche, e soprattutto, a stare fuori dalla loro abitazione, fuori dal loro perimetro non solo di casa ma anche di comunità per condividere con altri, stare insieme è la chiave di volta”.